The forgotten history of Trieste Interview with Mr Arlon Stok, TRIEST NGO, by Marit Fosse
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Traduzione in italiano di Ludovico Bruni
È venuto a Ginevra per partecipare al Consiglio per i Diritti Umani? Qual è il motivo del suo intervento?
Sono venuto a Ginevra, assieme ai miei colleghi di Triest NGO, per portare all’attenzione una questione irrisolta, nel cuore dell’Europa, che vede la violazione di numerosi diritti umani e civili. Nel 1947, secondo le disposizioni del Trattato di Pace imposto all’Italia al termine della guerra, nacque uno stato sovrano: il Territorio Libero di Trieste (TLT – FTT). Il legame tra questo territorio e le Nazioni Unite è così stretto che, un mese prima della firma del trattato che fondò il nostro stato, il Consiglio di Sicurezza adottò una specifica Risoluzione (n.16/1947), che diede alle Nazioni Unite la diretta responsabilità sul TLT. Per questo motivo non consideriamo le Nazioni Unite un mero osservatore esterno, bensì una parte avente un ruolo primario nelle nostre questioni passate e presenti, nonché nelle loro possibili soluzioni future. Uno stato sovrano è definito dal suo territorio con i relativi confini, la sovranità e i cittadini che la esercitano. Noi abbiamo tutti e tre questi elementi, già in questo preciso momento. Poco fa ho parlato di “diritti violati”, quindi vorrei fare un esempio. Uno stato sovrano necessita di cittadini che esercitino questa sovranità: nel nostro caso, i cittadini del Territorio Libero di Trieste, così come definito dal Trattato di Pace, entrato in vigore il 15 settembre del 1947. Vi è inoltre la prova innegabile che in passato questo status, almeno parzialmente, fu applicato. Tuttavia, nonostante questo stesso Trattato sia internazionalmente riconosciuto e, alla data di oggi, pienamente in vigore, i governi che amministrano questo Territorio (Italia, Slovenia, Croazia) non permettono l’applicazione di questo status (per il quale sono state depositate al Registro dell’OHCHR oltre 14.000 firme), nonché tutti i diritti che ne derivano, diritti espressamente menzionati da trattati internazionali. Privare decina di migliaia di cittadini della loro cittadinanza è una palese violazione dell’articolo 15.2 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che stabilisce che “nessun individuo può essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza”. Eppure, questo è esattamente quanto sta avvenendo.
Oltre ad aver reso nota questa situazione al Consiglio per i Diritti Umani, abbiamo ottenuto degli incontri (tra gli altri) con il prof. de Zayas, esperto indipendente del Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali e dell’OHCHR, per la promozione di un ordine internazionale equo e democratico, che, intervenendo alla nostra prima manifestazione a Ginevra, a settembre 2017, ha riconosciuto la fondatezza delle nostre richieste e la necessità della ‒ finora disattesa ‒ piena applicazione del Trattato di Pace con l’Italia, secondo il principio pacta sunt servanda. De Zayas sottolinea inoltre come l’ordine internazionale necessiti la Rechtssicherheit, la certezza del diritto, concetto che implica il rispetto rigoroso dei trattati e l’applicazione uniforme delle norme internazionali
Può dirci qualcosa su di lei e sulle motivazioni che l’hanno portata a impegnarsi in questa causa?
Sono un semplice cittadino, con esperienze nel design e nel management, giunto a conoscenza della questione del Territorio Libero di Trieste nei primi anni 2010, allo stesso modo di altre migliaia di triestini: tramite internet, che ha permesso, per la prima volta in decenni, di rimuovere la rigida censura apposta sul tema. Abbiamo consultato tutte le fonti di riferimento, non senza una sostanziale dose di scetticismo. “Non può essere vero, qualche altro trattato deve aver posto la parola fine”, era ciò che pensavo inizialmente. Fui molto sorpreso nello scoprire che no, non esisteva nessun trattato successivo. Pertanto, ciò che avevamo in mano erano nuove, importanti informazioni riguardanti quella che ora conosciamo come un’area artificialmente depressa d’Europa, che è pure una nazione sovrana. Non rimaneva quindi altro da fare se non agire in capo a queste stesse nozioni, per rivelare questa situazione unica (e quasi incredibile) alla popolazione e, motivo per cui Triest NGO è stata fondata, alla comunità internazionale.
Molte persone hanno letto di Trieste sui libri di storia, e non credo di sbagliarmi se dico che la maggior parte di noi crede sia parte d’Italia. Non è così?
Gran parte degli stessi triestini la pensava così, finché, qualche anno fa, non hanno cominciato a circolare notizie e informazioni che hanno portato alla conclusione opposta. Inoltre, le motivazioni per quanto è successo, presentate dai paesi amministratori, sembra cambino in continuazione, mentre i loro governi perseverano nell’ignorare e reprimere la questione il più possibile.
Prendiamo l’esempio dell’Italia: secondo la loro prima versione, nel 1947 non avrebbero mai davvero perso la sovranità sul Territorio Libero di Trieste; eppure, è evidente a chiunque abbia letto il Trattato (art. 21.2) che si tratta di una menzogna. Una volta smontata facilmente questa teoria, è venuto fuori che l’Italia avrebbe acquisito la sovranità grazie al Memorandum di Londra del 1954, un documento temporaneo per sua stessa natura che non modificò (e non poteva farlo in alcun modo, essendo l’equivalente di una lettera d’intenti) in alcun modo uno status di sovranità, bensì si limitava a trasferire l'”amministrazione civile” di una parte di questo Territorio sovrano al governo italiano. Ad ogni modo, questo patto fu violato da tutte le parti il giorno stesso in cui venne concordato.
Ora siamo giunti al punto in cui il governo italiano riconosce che il Territorio Libero di Trieste è esistito fino al 1975, anno in cui il cosiddetto trattato bilaterale di Osimo venne sottoscritto da Italia e Jugoslavia. L’aspetto interessante (in mezzo a uno sconcertante insieme di altre irregolarità) è che, dopo aver sottoposto la questione ad esperti di diritto internazionale, ci è stato risposto molto chiaramente che “il Trattato di Osimo, un trattato bilaterale, non avrebbe potuto apportare modifiche al Trattato di Pace, un trattato multilaterale”. Dopo quella data, non si è verificato nient’altro di rilevante.
L’unica conclusione possibile è che oggi, nel 2018, il Trattato di Pace con l’Italia è in pieno vigore, e il Territorio Libero di Trieste, con il suo Porto franco, è uno stato sovrano, con i suoi cittadini sovrani, e si trova tuttora sotto l’amministrazione civile di Italia, Slovenia e Croazia, attuata in maniera illegale.
Qual è, esattamente, il vostro obiettivo?
Non c’è dubbio, l’applicazione della legislazione internazionale attualmente in vigore, qualcosa di assolutamente scontato in una situazione normale. Purtroppo, non è questo il nostro caso. Nonostante sia possibile, per Italia, Slovenia e Croazia, applicare queste leggi, che offrirebbero loro pure dei vantaggi, ci troviamo sottoposti a censura e repressione, esercitate in completa impunità. Ci sono diversi passi verso il nostro obiettivo, a cominciare da quelli relativamente semplici, come note ufficiali di protesta per le violazioni della Carta delle Nazioni Unite contro i paesi direttamente coinvolti, fino alla decisione ultima che potrebbe virtualmente stabilizzare la situazione con effetto immediato: la nomina, da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, di un Governatore del Territorio Libero di Trieste. È opportuno ricordare che le nostre richieste non hanno una prospettiva nazionalista, bensì l’opposto, data la posizione geografica del nostro stato, che lo rende diverso, multilingue, internazionale e neutrale. Il nostro desiderio è vedere questa zona d’Europa affrancarsi dalla situazione di stallo da guerra fredda nella quale ancora si trova. E riteniamo che sia giunto il momento.
Se doveste raggiungere lo status di territorio indipendente, come vi sosterreste economicamente? Cosa avete da offrire?
Lo status di territorio indipendente è già riconosciuto, sulla carta, da tutti i firmatari dei trattati pertinenti, così come dalle Nazioni Unite. Trieste è una città portuale, una condizione che genera ricchezza e prosperità praticamente ovunque nel mondo; se c’è una questione che, con tutta probabilità, non ci ritroveremmo ad affrontare, è quella della sostenibilità economica. Questo è dovuto in gran parte all’attuale legislazione del porto franco di Trieste, strettamente legato al Territorio Libero, che potrebbe essere considerata la Free Zone più avanzata dell’intero continente.
Questo, sulla carta. Nella realtà, le cose sono molto diverse: il Punto Franco Nord, una parte molto ampia della nostra Free Zone (oltre 700.000 m2), nel cuore della città, oggi è ridotta peggio di quanto non lo fosse alla fine della Seconda Guerra Mondiale, diretto risultato della mancata applicazione delle leggi vigenti! È così terribilmente assurdo che dev’essere visto, per poterci credere.
Il porto franco di Trieste è formalmente riconosciuto dal governo italiano e persino dall’Unione Europea, eppure è gestito in modo completamente illegale, a danno della popolazione locale. Per fare un esempio, consideriamo l’art. 18.3, che afferma come “Il Direttore [del porto franco] non potrà essere cittadino italiano o della [allora] Jugoslavia”; nonostante questo, il governo italiano ha sempre nominato unicamente cittadini italiani per questo ruolo, per decenni. Sanno che queste leggi sono in vigore, e formalmente lo ammettono, ma sembrano semplicemente non farci caso quando è il momento di applicarle. Operano in palese contrasto con la legge, per il semplice fatto che rimangono incontrastati, almeno fino a poco tempo fa. Il vero dilemma, per il governo italiano, molto probabilmente è il fatto che il porto franco di Trieste e il Territorio Libero non possono essere scissi: procedono su direttrici parallele, da un punto di vista legale. Se consideriamo inoltre il fatto che la legislazione che ho menzionato durante quest’intervista si inserisce nel tessuto del modello attuale del commercio internazionale, gli accordi GATT/WTO (art. XXIV 3.2), vediamo come, sulla carta, non c’è dubbio che il Territorio Libero di Trieste può autosostentarsi e prosperare.
“È opportuno ricordare che le nostre richieste non provengono da una prospettiva nazionalista, bensì l’opposto, data la posizione geografica del nostro stato, che lo rende diverso, multilingue, internazionale e neutrale.”
Un porto franco (persino uno paralizzato, come il nostro) è, chiaramente, un potente motore economico; tuttavia, se il governo italiano confisca ogni anno centinaia di milioni di entrate, come fa adesso (ulteriore aspetto illegale), i cittadini non vi ottengono nessun sostanziale beneficio. Secondo l’esperto Onu de Zayas, la riattivazione del porto franco di Trieste si risolverebbe in una situazione vantaggiosa per tutte le parti coinvolte, oltre a essere d’impulso per il commercio in Europa e non solo.
Per concludere, sig. Stok, ha un messaggio per i nostri lettori? Se sì, quale?
Questi trattati continueranno a rimanere in vigore, indipendentemente da quanto tempo verrà sprecato prima che vedano la loro applicazione. Ma più tempo passa, più danni vengono arrecati: la città di Trieste ha perso quasi un terzo della sua popolazione, principalmente a causa della mancanza di lavoro. Non dimentichiamo che stiamo parlando di quella che dovrebbe essere il più ricco Porto Franco in Europa: è evidente che la questione rasenta l’oltraggioso. Decine di cittadini di Trieste sono stati scelti a caso dalle autorità italiane, tra migliaia di partecipanti ad una pacifica manifestazione, e accusati del crimine, di retaggio fascista, di “adunata sediziosa”, probabilmente all’unico scopo di colpire nel mucchio e spaventare gli altri. Centinaia hanno deciso di smettere di pagare le tasse al governo italiano finché non verrà applicato appieno il loro status legale. Le loro richieste sono fondate, ma incorreranno in gravi sanzioni, se non verrà fatto alcuno sforzo per applicare le attuali leggi internazionali. Migliaia e migliaia di cittadini hanno manifestato per le strade di Trieste per esigere il rispetto dei loro diritti, durante un importante evento che ovunque in Europa avrebbe ottenuto risonanza mediatica internazionale.
Eppure così non è stato, qui, dove la censura di governo è purtroppo diventata la consuetudine. Ad ogni modo, una cosa dev’essere chiara: i trattati in vigore non spariscono, e nemmeno i cittadini consci del problema. La comunità internazionale dovrebbe comprendere questo tema e lavorare per una soluzione il più presto possibile: potrebbero scoprire, come abbiamo fatto noi cittadini, che, da un’effettiva soluzione alla questione di Trieste, c’è solo da guadagnare. Il mio messaggio ai lettori allora è: chiunque trovi interessante questa complessa situazione e ricopra una posizione adatta a dare alla causa ulteriore risonanza internazionale, si metta in contatto con Triest NGO il prima possibile.