Mentre Xi Jinping si appella alla “verità storica” e all’integrità dei trattati internazionali, e la Russia fa da eco con il solito lessico da potenza offesa, c’è un trattato di cui nessuno osa parlare. Non è scomparso, non è stato abrogato, non è stato modificato. È stato sepolto vivo.
Parliamo del Trattato di Pace del 1947, quello che istituisce il Territorio Libero di Trieste e il suo Porto Franco internazionale. Un atto firmato dalle grandi potenze, in piena epoca postbellica, sotto l’egida delle Nazioni Unite. Ma nel momento in cui è diventato scomodo, l’hanno messo in una bara di silenzio. E adesso, quando serve difendere i trattati contro gli altri, ce lo sventolano davanti come reliquia sacra. Ipocrisia geopolitica allo stato puro.
Nel 2015, una piccola ONG di Trieste — la Triest NGO — ha avuto l’ardire di ricordare al Cremlino che quel trattato è ancora lì. Ha mandato un’istanza formale, documentata. La risposta? (link) Un capolavoro di finta cortesia istituzionale: “ricevuto, registrato, inoltrato”. Tradotto: non disturbate i nostri equilibri. Ma attenzione: la Russia non ha mai detto che Trieste è italiana. Mai. Non lo ha scritto, non lo ha riconosciuto, non lo ha ratificato. Ha preferito non sporcarsi le mani. O, meglio, non mettere il naso sull’Adriatico. Almeno per ora.
Nel 2017 la questione arriva anche all’ONU. Triest NGO formula cinque domande secche (link), da mettere in imbarazzo una qualunque democrazia funzionante. Cinque domande che nessuno ha voluto affrontare:
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Quando la Repubblica Italiana ha ottenuto la piena sovranità sulla “zona A” del Territorio Libero di Trieste?
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Quando i ventuno Stati firmatari del Trattato di Pace con l’Italia hanno revisionato gli articoli e gli Allegati (VI, VII, VIII) relativi al Territorio Libero di Trieste?
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Con quale risoluzione il Consiglio di Sicurezza ha conferito il mandato di amministrazione all’Italia per la “zona A” e alla (ex) Jugoslavia per la “zona B”? E quando e come tale mandato è stato trasferito alla Slovenia e alla Croazia?
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Quando l’amministrazione del 1954 conferita all’Italia e alla (ex) Jugoslavia è diventata sovranità?
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Quando e come è venuta meno la responsabilità del Consiglio di Sicurezza sull’indipendenza e l’integrità del Territorio Libero di Trieste, e con quale procedura?
Domande legittime. Fondamentali. Eppure, zero risposte. Silenzio di tomba. Ma attenzione: non è silenzio d’oblio. È silenzio per convenienza. Perché dire la verità su Trieste obbligherebbe a rivedere decenni di occupazione, di militarizzazione, di sfruttamento.
La verità, oggi, è che né la Cina né la Russia hanno mai sancito che Trieste è italiana. Non lo hanno fatto perché non possono. Non esiste un atto giuridico che lo consenta. E allora si voltano dall’altra parte. Parlano di ordine multipolare, di giustizia, di legalità. Ma quando si tratta di Trieste, abbassano lo sguardo.
Ecco perché questo trattato non è morto. È una mina inesplosa nel cuore dell’Europa. Basta smettere di ignorarlo. Basta far saltare il silenzio.
Chi parla di diritto internazionale, oggi, è chiamato a scegliere: o difende tutti i trattati, oppure smetta di usarli come clava selettiva. E se Xi Jinping vuol parlare davvero di verità, cominci da Trieste. Cominci da quelle cinque domande che il mondo continua a ignorare. Per paura di dover rispondere.
Alessandro Gombač