Introduzione
L’IMEC è stato lanciato a New Delhi nel 2023 come se fosse il nuovo Canale di Suez del XXI secolo. In realtà, più che un corridoio ferroviario, è un corridoio di conferenze stampa: mappe colorate, dichiarazioni solenni, memorandum d’intenti. Siamo di fronte a un progetto che, per ora, esiste solo nei comunicati e nelle slide di qualche summit, non nei binari o nei porti.
Si tratta quindi, anche e forse soprattutto, di propaganda: un modo per far vedere che “l’Occidente e l’India rispondono alla Cina” con la stessa arma della Belt and Road. Peccato che, a differenza della BRI, qui le ruspe non si siano ancora viste.
1) Origini in due righe
IMEC (India–Middle East–Europe Economic Corridor) nasce come MoU politico firmato al G20 di New Delhi (9 settembre 2023) da USA, UE, India, Arabia Saudita, EAU, Francia, Germania e Italia. L’idea: una catena mare + ferrovia India→EAU→Arabia Saudita→(Giordania)→Israele→Europa, più cavi elettrici e dati e perfino un gasdotto per idrogeno “pulito”. È una dichiarazione d’intenti, non un trattato vincolante.
The White House
Nel 2024 l’unico passo formale concreto è stato l’accordo India–EAU per “abilitare” il corridoio; Nuova Delhi lo ha poi approvato anche in sede di governo.
Reuters – WAM – mea.gov.in
2) Cosa esiste oggi sul terreno (e cosa no)
Esiste:
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Rotaie negli EAU. La rete Etihad Rail (≈900 km) è operativa per il cargo, dal confine saudita (Ghuwaifat) fino a Fujairah.
etihadrail.ae – railway-technology.com -
Un tassello “europeo” de facto a Haifa. L’indiana Adani ha comprato il porto nel 2023 (1,15 mld $), vista come mossa in prospettiva IMEC.
Reuters – porttechnology.org
Manca (ed è la parte dura):
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Il collegamento ferroviario saudita est–ovest (“Landbridge”). È in gara/progettazione; lavori non completati.
Meed – International Railway Journal -
La rete moderna in Giordania. Oggi esistono solo tronchi storici a scartamento ridotto. Progetti con Etihad Rail sono stati avviati (≈2,3 mld $, focus minerario), operatività prospettata intorno al 2030.
Reuters – Arab News – etihadrail.ae -
Il “ponte” Israele↔Giordania. La linea israeliana arriva solo fino a Beit She’an; l’allaccio al valico del Giordano è proposto, non realizzato.
ctech
➡️ Tradotto: ad oggi IMEC non è “cantierato” come corridoio; ci sono solo pezzi sparsi (UAE fatti bene; Arabia/Giordania/Israele da collegare), più un MoU politico.
The White House
3) Fattibilità reale: politica, ingegneria, soldi (nell’ordine giusto)
Politica. Il corridoio passa di fatto dall’asse saudita–giordano–israeliano. Con la guerra a Gaza e la normalizzazione Riyadh–Tel Aviv bloccata/condizionata, il progetto è rimasto in stand-by. Funzionari USA ed analisi indipendenti lo dicono senza giri di parole.
Reuters – congress.gov – War on the Rocks
Ingegneria. Le tratte fondamentali mancano:
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Arabia: bisogna chiudere la Landbridge fino a Jeddah e potenziare i raccordi nord (verso Giordania).
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Stima realistica: il Landbridge saudita prevederebbe circa 950 km di nuova ferrovia nella tratta principale Riyadh–Jeddah, più altri 100-150 km di linee accessorie (es. Dammam–Jubail) e miglioramenti su linee esistenti — per un totale che può superare 1.500 km di infrastrutture ferroviarie nuove/rafforzate.
Meed – International Railway Journal -
Giordania: serve una ferrovia nuova a scartamento standard lungo l’asse Aqaba–Amman–frontiera; qualcosa si muove ma è prima fase industriale, non corridoio internazionale.
Reuters – etihadrail.ae -
Israele: estendere la “Valley Line” fino al confine giordano.
ctech
Finanza. Stime pubbliche coerenti non ce ne sono: EUISS ed ECFR parlano di “decine di miliardi”, con grandi punti interrogativi (soprattutto su idrogeno e rete elettrica/cavi). Alcuni numeri circolati in stampa (3–8 mld a segmento o 20 mld totali) sono indicativi/contestati. Nessuno ha pubblicato uno studio di fattibilità completo.
iss.europa.eu – ECFR – orfonline.org – Konrad-Adenauer-Stiftung – StratNews Global
Concorrenza. Turchia spinge il suo “Development Road” via Iraq (porto di Grand Faw + ferrovia/strada verso la Turchia): questo esiste in agenda e procede, almeno sul lato portuale e politico.
Reuters – AP News
4) Valenza strategico-militare (senza fumo)
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Ridondanza allo Stretto di Suez/Mar Rosso. In teoria IMEC riduce la vulnerabilità alle crisi (pirateria/Houthi, choke points), motivo per cui è caro a USA/UE/India. Ma finché manca il tratto terra non c’è “by-pass” reale.
The White House -
Dual-use. Ferrovia moderna nel Golfo + Giordania + Israele avrebbe intrinsecamente uso duale (logistica militare), integra alleati USA e contiene l’influenza cinese (progetto percepito come alternativa alla BRI). Valenza strategica potenziale, sì; operativa, no.
iss.europa.eu – ECFR -
Energia & dati. Cavi elettrici/digitali e pipeline di idrogeno sono la parte più “strategica” sulla carta, ma tecnicamente e commercialmente la più complicata (produzione, domanda, perdite, CAPEX).
The White House – iss.europa.eu – ECFR
5) “Ne parlano solo Tajani e gli italiani?”
No. India ed EAU hanno firmato l’accordo di quadro e lavorano tra loro; UE e think tank transatlantici tengono viva la narrativa; Francia ha persino nominato un inviato dedicato nel 2024.
Detto questo, in Italia c’è una sovra-comunicazione: Tajani ha nominato un inviato speciale (Francesco Maria Talò) e spinge Trieste come terminale europeo, con annunci di eventi/summit. È comunicazione politica molto attiva, più che avanzamento tecnico del progetto.
Reuters – ECFR – Geagency – Documenti Camera – adriaports.com
Box comparativo: Suez vs IMEC vs Development Road
Percorso | Tempo stimato | Costi stimati | Complessità & Rischi | Stato attuale |
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Rotta Suez | 20–25 gg India-Europa | ≈ $6.000/TEU | Lineare ma vulnerabile (Houthi, traffico) | Operativa |
IMEC | 12–15 gg stimati (-40%) | ≈ $4.200/TEU, 20 mld $ progetto totale | Trasbordi multipli, instabilità, binari mancanti | Solo MoU, cantieri assenti |
Development Road (Iraq-Turchia) | -10/15 gg rispetto a Suez | ≈ $17 mld progetto | Infrastrutture più continue, ma rischio Iraq | In costruzione (2028–2050) |
Scheda Haifa: il terminal che doveva essere la forza dell’IMEC e oggi è la sua debolezza
1. Perché Haifa è “chiave”
Terminal mediterraneo designato dell’IMEC, acquisito da Adani (1,15 mld $) con MSC come partner.
2. Il problema
Guerra e insicurezza: MSC ha smesso di attraccare a Haifa. Senza pace e senza traffico, perde ruolo.
3. Inquadramento
Politicamente simbolo dell’asse India-Israele-Occidente; praticamente porto fragile; strategicamente un tallone d’Achille.
4. In sintesi
Haifa doveva essere il punto di forza, oggi è il paradosso: terminal monco, insicuro e abbandonato dai grandi armatori.
Conclusione
In definitiva, l’IMEC non ha oggi né i binari né i porti né i soldi per diventare ciò che promette. Parlare di un corridoio strategico che dall’India arriva dritto a Trieste è una favola: mancano gli snodi, manca la pace in Medio Oriente, manca la convenienza economica. Figuriamoci pensarlo come un corridoio militare della NATO, con capolinea nel Free Territory of Trieste e nel suo Free Port, che per diritto internazionale rimane un’entità distinta dall’Italia, soggetta a regime speciale di neutralità e libero scambio.
Lo ricorda con chiarezza lo stesso Trattato di Pace di Parigi del 1947, che all’articolo 34 dell’Allegato VI stabilisce:
“Sarà creato un Porto Libero nel Territorio Libero che sarà amministrato sulla base di uno Strumento internazionale stabilito dal Consiglio dei Ministri degli Esteri, approvato dal Consiglio di Sicurezza, ed è allegato al presente Trattato (Allegato VIII). Il Governo del Territorio Libero metterà in vigore la legislazione necessaria e prenderà tutte le misure utili per dare effetto alle disposizioni di tale Strumento.”
Qui non c’è un “nuovo Canale di Suez”, ma un acronimo gonfiato ad arte, utile per i comunicati e per qualche passerella diplomatica. A monte resta un ostacolo insormontabile: la coordinazione impossibile tra tutti i Paesi che dovrebbero tenerlo in piedi – India, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Giordania, Israele e Unione Europea – ciascuno con le proprie rivalità, agende e priorità.
La realtà, molto più prosaica, è che Trieste resta un porto libero giuridicamente riconosciuto ma politicamente negato, e un’occasione perduta nei fatti, mentre l’IMEC resta inchiodato là dove è nato: sulla carta intestata di qualche summit internazionale.