Emigrazione “assistita”: il trucco italiano.
Triestini spinti fuori e poi spennati (1951)
Altro che “solidarietà nazionale”: gli accordi del 1951 con l’Australia erano un’operazione di contabilità, non di umanità.
Per partire dovevi prima diventare cittadino italiano, anche se Trieste era Territorio Libero sotto Governo Militare Alleato. E una volta firmato il Form of Undertaking, scattava il ricatto: due anni obbligatori al lavoro; se tornavi prima, ti pagavi il ritorno e rimborsavi pure il biglietto d’andata.
In pratica: diaspora forzata e identità cancellata. Roma faceva cassa e ripuliva le statistiche della disoccupazione. Canberra si trovava manodopera pronta. E i triestini? Vittime due volte: privati della loro cittadinanza e usati come carne da lavoro.
Propaganda ancora oggi lo vende come gesto “generoso”. La verità è che fu un ricatto di Stato: “o ti italianizzi, o resti senza assistenza”.
Il meccanismo del ricatto

Art. 3: esclusi i triestini. O ti fai italiano, o niente emigrazione ‘assistita’.
Art. 3 dello schema (29 marzo 1951): vale “soltanto per cittadini italiani di discendenza europea normalmente residenti in Italia”.
Link alla Gazzetta Ufficiale dell’Accordo stipulato il 29 marzo 1951 fra il Governo Italiano ed il Governo del Commonwealth d’Australia.
Traduzione: se sei triestino del TLT, non conti. Vuoi viaggiare col contributo? Prima diventa italiano. Identità e diritti del TLT? Al macero.
Vincolo biennale in Australia: firmi e resti 2 anni dove ti mettono loro.
Se osi tornare prima:
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ti paghi il ritorno,
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rimborsi i contributi che Italia e Australia avevano messo sul biglietto d’andata.
Assistita… sì: assistita a indebitarti.
Stessa tagliola per i familiari: se rientrano prima dei 2 anni, pagano anche loro. Famiglia unita… nel rimborso.
La realtà dietro la fanfara patriottica
La propaganda urla: “Italia generosa che offre un futuro”.
I fatti dicono altro:
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Manodopera a basso attrito per Canberra, alleggerimento sociale per Roma. Non carità, contabilità.
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Su Trieste, il colpo di genio: normalizzare gli abitanti a “cittadini italiani” per farli rientrare nello schema.
Niente status TLT, niente tutele. O ti italianizzi, o resti a piedi. -
“Beni abbandonati”? Stesso registro: per ottenere qualcosa, ti vogliono italiano.
È la disapplicazione sistematica del diritto internazionale travestita da burocrazia.
Form of Undertaking: firma qui e zitti
Il modulo bilingue è una chicca:
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Prometti di restare due anni.
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Se parti presto, rimborsi.
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Ti obbligano ai corsi d’inglese serali (che almeno servono), ma la libertà vera la riavrai solo dopo il periodo di servitù contrattuale.
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Pari condizioni ai lavoratori australiani? Sulla carta. Intanto sei legato a doppia mandata.
Il “Form of Undertaking” (Trieste, 1951). Ogni triestino che emigrava in Australia era costretto a firmare questo modulo bilingue. Un contratto-capestro: due anni obbligatori di lavoro, rimborsi da pagare se si tornava prima, penali estese anche ai familiari. Il documento traduceva in burocrazia il ricatto politico: per accedere all’“emigrazione assistita” bisognava dichiararsi cittadini italiani, cancellando di fatto lo status del Territorio Libero di Trieste. Una firma che valeva un’identità persa.
Vittime con il conto in mano
Il triestino del TLT è stato messo davanti a un bivio infame:
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resta e subisci un’amministrazione che nega il TLT,
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parti ma paga con la tua identità: diventa “italiano”, accetta vincoli e penali.
Risultato: diaspora forzata, memoria tagliata, città svuotata.
E in più la moraletta nazionale: “vi abbiamo aiutato”. Certo: prima vi abbiamo spinti giù dalla barca, poi venduto il salvagente a rate.
Un decimo della città cancellato dall’emigrazione forzata
Non si trattò di episodi isolati. Tra il 1951 e i primi anni Sessanta, circa 25.000 triestini emigrarono in Australia attraverso questo meccanismo: un numero enorme, pari a circa il 10% della popolazione del Territorio Libero di Trieste dell’epoca.
Un’intera comunità spinta a lasciare la propria terra non per scelta, ma per ricatto burocratico e necessità economica. Un esodo silenzioso che svuotò Trieste e segnò intere famiglie. La propaganda lo vendette come opportunità; la realtà è che fu una fuga forzata, orchestrata per cancellare identità e diritti del TLT.

La partenza del Toscanelli da Trieste il 7 settembre 1955 (dall’album di Tullio Bogatal). Un’intera folla stipata sul molo per l’ennesima partenza verso l’Australia. Non era un viaggio di speranza, ma una fuga forzata: migliaia di triestini costretti ad abbandonare la loro terra sotto ricatto burocratico.
Basta favole
Non fu epopea. Fu ingegneria amministrativa per trasformare i triestini in variabile espendibile: o materia prima per il mercato del lavoro australiano, o cifra da togliere dalle statistiche italiane.
Il tutto mentre la cornice giuridica del TLT veniva insabbiata con la solita paccottiglia: “non esiste”, “non vale”, “non oggi”.
Oggi come allora: QUOUSQUE TANDEM ABUTERE?
(Fino a quando, dunque, abuserai della nostra pazienza?)
Alessandro Gombač